Edizione 2011 – Una carriera iniziata come critico e storico della fotografia presso la Fondazione Italiana per la Fotografia. Da qui un percorso che lo porta ad approfondire la conoscenza della materia fotografica e dei suoi diversi linguaggi. Un gradino dopo l’altro, Denis Curti divora la scala che lo porta a dirigere Contrasto, l’agenzia punto di riferimento per il fotogiornalismo di qualità.
Ma Curti continua a dare il suo contributo anche all’universo espositivo. Così per la Fondazione Capri cura la mostra “Mediterraneo. Un’antologia per immagini. Fotografie di Herbert List e Maurizio Galimberti”, che inaugura la terza edizione del Festival della Fotografia di Capri e che dal 9 luglio al 4 settembre arricchisce le Stanze del Priore della Certosa di San Giacomo.
È un grande esperto di fotografia. Non è un caso, quindi, che sia curatore di questa mostra che coinvolge due importanti artisti dell’obiettivo: Herbert List e Maurizio Galimberti. Esiste un filo conduttore che lega queste diverse personalità?
Certamente. Entrambi interpretano il futuro con sintesi e pulizia totale. List rappresenta una certa idea di stile, eleganza ma soprattutto una naturale capacità di anticipare i tempi: era un grande innovatore e le sue opere, viste oggi, sono ancora attuali. Lo stesso sguardo innovativo si ritrova in Galimberti. Il ponte che li unisce? Le Polaroid in bianco e nero realizzate da Galimberti per questa mostra: quando gli ho parlato del progetto ha iniziato a rivedere con me le foto di List e dai suoi paesaggi ha tratto ispirazione.
A proposito di Galimberti e della sua notoria avversione per il digitale. Lei è favorevole o contrario al suo utilizzo?
Non condanno il digitale e dubito di tutti coloro che hanno un atteggiamento così definitivo, Galimberti incluso (sorride, ndr.). Il digitale ha facilitato la fotografia e in tal senso è un vantaggio, un’opportunità. Da quando, nel 1839, venne annunciata la sua scoperta a Parigi, la fotografia si tradusse in condivisione, democrazia, possibilità di avere un’immagine seriale che non fosse un unicum, un’opera d’arte non più riproducibile. Questi sono i valori che la foto reca con sè e il digitale aiuta a veicolarli.
Tornando a List, la mostra raccoglie 50 stampe che hanno come soggetto il Mediterraneo. Lo sguardo del fotografo tedesco quale scenario di Capri ci restituisce?
List restituisce di Capri un ritratto contemporaneo. Era affascinato dall’idea di eleganza spontanea che Capri sprigiona in modo quasi inconsapevole. Era un convinto sostenitore del fatto che un concetto può essere espresso in modo identico ma il suo significato varia a seconda di chi la pronuncia. E Capri, quando dice una cosa, la afferma in modo speciale e del tutto personale.
Così le persone si adeguano alla sua bellezza.
Qual è invece il suo personale rapporto con l’Isola Azzurra?
Ho scoperto Capri lo scorso anno e sono rimasto ammaliato dall’ospitalità delle persone, veri artisti dell’accoglienza. È quasi commovente l’amore che nutrono per la loro terra. Un sentimento così forte che è impossibile non rimanerne contagiati: i capresi ti insegnano ad amare il luogo in cui si vive.
Capri, List e Galimberti. Come pensa dialogheranno due personalità così riconoscibili nel lungo percorso espositivo nelle Stanze del Priore della Certosa?
Immagino un percorso circolare dove il visitatore appena entrato incontra List, la sua classicità ma anche la sua innovazione. Continuando ci si imbatte in Galimberti che ci accompagna fino al termine. Qui il visitatore esce guardando Galimberti, ma ritrova anche il List iniziale, in una ciclicità dove non esiste la parola “fine”.